All'inizio fu...
il primo virus informatico, cioè un programma che si replica inserendosi in altri programmi o file: quando il file infetto viene eseguito, il virus si attiva e può replicarsi ulteriormente ed eseguire cose che non servono in quel contesto, come, per esempio, cancellare dei file; operazione lecita in alcuni casi MA in taluni casi no, soprattutto se non desiderata.
All'inizio i virus erano sperimentali e avevano lo scopo di dimostrare le capacità informatiche degli sviluppatori del virus; un esercizio di stile, ma con il passare del tempo (stiamo parlando degli anni 90) cominciarono ad essere un business, tant'è che nel settore girava l'idea di famose case di antivirus che nei "sotterranei" creavano il virus mentre al primo piano scrivevano gli anti-virus adeguati.
Tuttavia, con la nascita dei Bitcoin alla fine degli anni 2000, le cose cambiarono: l'idea di una valuta digitale decentralizzata è un'idea rincorsa da molto tempo, e dopo vari tentativi, come e-gold e b-money, nel 2008 una persona o un gruppo di persone sotto lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto pubblicarono un documento intitolato "Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System": questo white paper descriveva un sistema di pagamento elettronico che permetteva transazioni dirette tra pari senza bisogno di un intermediario come una banca.
Nei primi anni, creare Bitcoin (mining) era principalmente un'attività di entusiasti della tecnologia e crittografi; ma il 22 maggio 2010, ci fu una svolta: la prima transazione commerciale con Bitcoin. Nello specifico, un programmatore di nome Laszlo Hanyecz pagò 10.000 Bitcoin per due pizze (questo evento passò negli annali come "Bitcoin Pizza Day"); cosicché si ruppe il rapporto fare denaro in maniera classica con un lavoro - creare Bitcoin dal nulla (mining), anche perché iniziarono ad nascere delle banche che convertivano i Bitcoin in denaro circolante (dollari principalmente), e molti appassionati in materia si tuffarono nel mining finché non si intrufolarono i Big Data Center che li spazzarono via.
Ed è qui che avvenne il salto generazionale tra un virus di studio con poche possibilità di guadagno ad un virus con ampie capacità di business per tutti, ottenuto unendo le due tecnologie oramai consolidate nel tempo: quella dei virus con i Bitcoin: il ramsonware era nato.
Ma che cos'è un ramsonware ? Il ransomware è un virus che crittografa i file sul computer della vittima utilizzando algoritmi di cifratura avanzati: una volta crittografati, i file possono essere decifrati solo con una chiave di decrittazione che per ottenerla bisogna pagare un riscatto (da qui il nome di ransomware) in Bitcoin perché sono difficili da tracciare, perché garantiscono l'anonimato, quindi proteggono l'identità degli attaccanti, ma assicurano un reale guadagno agli sviluppatori criminali (considerando anche lo scambio Bitcoin - dollari effettuato da alcune banche sparse per il mondo).
Come ci si può opporre ad una tale piaga ? I Bitcoin dovrebbero diventare illegali come l'attività di mining (cioè trovare nuovi Bitcoin, che oltretutto, richiede una grande quantità di GigaFlops - capacità di elaborazione - con un dispendio enorme di energia con conseguente emissione di calore in eccesso nell'atmosfera); ma è veramente la soluzione ideale ? Non penso, perché la storia ci ha insegnato, con il proibizionismo in America, che vietare contribuisce ad aumentare l'uso dell'alcool (in quel caso) facendo impennare la piaga dell'alcolismo ad unico vantaggio della malavita.
E quindi ? E quindi, l'unica via è la strada dell'etica e della FORMAZIONE sull'uso attento consapevole degli strumenti informatici; nell'allertare sul fatto che il ramsonware è, di fatto, un modo per fare soldi sporchi e subito e che quindi bisogna entrare nel mood che quell'oggetto così famigliare, lo smartphone, così comodo e piacevole, potrebbe diventare anche "molto doloroso" se mal utilizzato.
コメント